Vai al Nuovo Calcolo della rivalutazione degli assegni pensionistici per l’anno 2023.
Con la bozza della legge finanziaria approvata dal Coniglio dei Ministri, il Governo ha modificato il meccanismo di rivalutazione degli assegni pensionistici.
Infatti, dal 1° gennaio 2023 era previsto un adeguamento pari a +7,3% delle pensioni, calcolato sulla base di tre fasce distinte di reddito, con percentuali rispettivamente del 100%, 90%, 75% dell’adeguamento del +7,30%.
Con l’entrata in vigore della nuova legge finanziaria, dal 1° gennaio 2023 l’adeguamento pari a +7,3% sarà invece calcolato sulla base di 6 fasce di reddito, con le seguenti percentuali:
Importo dell’assegno fino a € 2101.52 | 100% di +7,30% | +7,300% |
Importo dell’assegno oltre € 2101.52 e fino a € 2626.90 | 80% di +7,30% | +5.840% |
Importo dell’assegno oltre € 2626.90 e fino a € 3152.28 | 55% di +7,30% | +4.020% |
Importo dell’assegno oltre € 3152.28 e fino a € 4203.04 | 50% di +7,30% | +3.650% |
Importo dell’assegno oltre € 4203.04 e fino a € 5253.80 | 40% di +7,30% | +2.920% |
Importo dell’assegno oltre € 5253.80 | 35% di +7,30% | +2.555% |
Una perdita media pro-capite di oltre 1.200 euro all’anno per 4,3 milioni di pensionati. Sono questi i primi calcoli effettuati dallo Spi-Cgil del taglio alla rivalutazione delle pensioni sopra quattro volte il trattamento minimo, approvate dal governo.
L’adeguamento delle pensioni al costo della vita subirà così una drastica riduzione in particolare per quei pensionati che hanno lavorato e versato i contributi per 40 anni e oltre e che non percepiscono affatto un assegno alto ma di 1.800 netti al mese.
Stiamo sostanzialmente parlando di pensioni di lavoratori dipendenti, frutto di una vita di lavoro e che ora rischiano di avere una rivalutazione di gran lunga inferiore a quella che dovevano percepire secondo la legge precedentemente in vigore.
Il governo ha compiuto quindi l’ennesimo danno ai pensionati italiani utilizzandoli come bancomat per recuperare risorse e negando loro la possibilità di recuperare una parte del loro potere d’acquisto.
Si tratta di una scelta iniqua e scellerata, oltretutto assunta senza alcun confronto con i sindacati.
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